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Istanbul 23

ARCHIVIO & NEWS > Le introspezioni di Stefano
Son venuto in Turchia per il torneo di Istanbul e per visitare la Cappadocia.
 
Interessante la seconda e pazzesco il primo. Quasi 700 partecipanti, un record.
 
Ma andiamo con ordine. La Cappadocia è un territorio bizzarro pieno di strane formazioni sabbiose con in testa una coppola di pietra e di città sotterranee dove gli abitanti del XIII secolo si rintanavano all’arrivo dei nemici. Sarà per contrappasso che adesso vanno in mongolfiera.
 
Ittiti, Unni, Visigoti, Arturiani, Visitors e marmaglia varia sciamavano un paio di volte l'anno e dovevamo essere ben brutti e cattivi per costringere i villici a ficcarsi sottoterra per due mesi assieme agli animali, agli scoreggioni seriali, agli incontinenti compulsivi, ai catarrosi smoccolanti e a un indefinito numero di mocciosi pustolosi. In quella che ho visitato ce ne stavano 5000. In totale intendo, non di pustolosi.
 
8vo piano sottoterra senza ascensore, vista bugliolo, affittasi, vero affare.
 
Ai piani superiori stavano i benestanti, i sacerdoti ecc.; dal secondo al quarto la classe media e dal quinto all'ottavo gli immigrati. Attualissimo.
 
Già e se qualcuno moriva? Facile, si scavava una buca, si toglievano gli organi e via di sale e calce. Un pochino di puzzina c'era ma che sarà stato mai. Ovviamente la statura media del 1200 d.c. non consentiva grandi partite di basket e quindi l'altezza delle grotte sotterranee è di circa 1.60 metri la qual cosa ha fatto risuonare maledizioni mai udite negli ultimi 800 anni a causa delle ripetute craniate subite dal sottoscritto sottoterra, inutile sottolinearlo. Per questo sono stato gentilmente accompagnato all'uscita dalla piccolissima guida che mi ha illustrato il tour underground, non prima di aver insultato in stretto dialetto meneghino una ingombrante troupe documentaristica che filmava ogni cazzo di buco scavato che poteva contenere merda o giare di vino e viceversa.
 
All’epoca sarei rimasto fuori dalle grotte, magari su un albero, sempre ammesso che ce ne fossero perché adesso non ce n'è più; oppure avrei interpretato il pazzo del villaggio, magari i barbari ci cascavano.
 
La resilienza umana è straordinaria, purtroppo fa il paio solo con l’altrettanta determinazione a segare il ramo su cui siede.
 
Ma veniamo al torneo. Una sala immensa, striscioni coi faccioni dei precedenti 14 vincitori, megaschermo, televisori ovunque e un’organizzazione impeccabile. 80 eurelli d’iscrizia per giocare 4 giorni e una App che governava il tutto con precisione impeccabile. Solamente l'incommensurabile traffico di Istanbul ha ritardato la ripresa di alcune partite ma i 688 giocatori sono stati irreprensibili. Non una rissa, nessuno ha gridato o preso a bussolottate l'avversario. Tutto è filato liscio tranne per noi 5 italioti. Non che ci siamo presi a dadate o a male parole, solo ansia da prestazione. In fin dei conti, le probabilità di vittoria che nei tornei CNB stanno, diciamo a 1 su 40, qua stavano a 1 su 688. Un ordine di grandezza superiore. Ma che importa? È stata un’esperienza interessante e anche istruttiva. Coreografata, per chi si affacciava all’esterno per fumare e i turchi, si sa, fumano come se stessi, coreografata dicevamo dalle frecce tricolori (i loro obv) che passando vicino a noi sfracassavano timpani e cabasisi introducendo una nota d'inquietudine vuoi per l'inutile dimostrazione di forza e/o belligeranza vuoi per lo smodato consumo di carburante. Machissenefrega! seghiamo, seghiamo.
 
Vabbè, nulla in confronto alle fiumane antropomorfe che si sono riversate anche nelle superstrade per raggiungere la fiera delle tecnologie che stava proprio dietro l’albergo. Una vera bolgia infernale spingeva per entrare nel metrò respinta da salmonidi umani che risalendo le scale respingevano l’infernale accozzaglia scatenando malori, bestemmie in sanscrito, esecrazioni in antico egizio e defixiones romane. Veramente una città multietnica.
 
Rimontare in auto una simile folla è stata un’impresa, mancavano solo piramidi umane per scendere dai cavalcavia e Bosch sarebbe stato contento. Addirittura, un tipo in stile rastagangstaciuccattone si è lanciato sull'autobahn per farsi centrare da una duna?! alimentata anch'essa ad alcool etilico. Che destino bizzarro. Il simpatico burlone si lamentava sull'asfalto, ahilui! Nel vederlo vivo, qualcuno ha estratto una scimitarra ululando incomprensibili epiteti anche alle forze dell'ordine ivi presenti con due ambulanze (sai mai) e un furgone blindato per proteggere l'incauto pedone rastaninjiaalcolizzato dalla folla ormai delirante dopo unoraemezza di coda a causa sua.
 
Per fortuna la straordinaria bellezza di alcune cose mi ha riconciliato col genere umanoide. Di underground city abbiam già detto, la cisterna invece mi ha letteralmente stordito. Sarà stata la sindrome di Stendhal, sarà stata l'astinenza alcoolica, fatto sta che c'ho messo un po' a ripigliarmi. Le foto non rendono l'idea, bellissima.
 
Si diceva pr/si, pr/no, pr/staminchia. Lunghe dissertazioni sulla nostra chat hanno sancito…un bel fico secco. Nessuna delle parti può prevalere sull’altra senza annullarsi. Due visioni convivono e stop. Che ognuno la pensi come vuole perché altrimenti viene il sospetto che ogni parte aneli al suo contrario.
 
Qui, in questo torneo, i due mondi hanno trovato legittimità.
 
Da un lato i sedici migliori pr/si si sono affrontati dandosele di santa ragione dimostrando che il pr migliore vince.
 
Dall’altro il torneo principale, aperto a tutti, dove alcuni filmavano i match ma la maggioranza no. Quindi il pr/no ha sostanzialmente prevalso senza però entrare in conflitto con i sostenitori del pr/si.
 
Il pr/staminchia, che sarebbe il terzo incomodo, è un po' più complicato ma vediamo di fare un po’ più di confusione.
 
Partirò nel ragionamento(?)da una sensazione percepita durante il torneo. Forse ha contribuito l’elevato numero di giocatori, magari anche un tantinello l’osservazione di alcune partite giocate a velocità warp e sarà stata di sicuro l’atmosfera satura di richiami per dadi; fattostà che ho avuto la percezione di avere a che fare con un gioco ipnotico, oltre a vedere stormi di volatili dall’improbabile forma cubica.
 
Ho avvertito qualcosa che sta tra la compulsività e il bisogno, tra il rifiuto e l’irresistibile passione, tra il desiderio e la ritrosia, tra il gnacco e il petacco, insomma.
 
Mica potevo trascurare sta roba e quindi mi sono lasciato trasportare dalle correnti del web. E ho scoperto che la parola cottimo deriva dalla parola alea: “…Il linguista trova nel Glossario latino emiliano di Pietro Sella la voce cottimum, che l'Alessio fa derivare dal greco κοττισμός, gioco di dadi, da intendersi nel senso di alea, derivato del verbo κοττίζω, giocare ai dadi. Questa soluzione non è così strampalata quanto potrebbe a prima vista sembrare.” Wikipedia. Oppure, sempre Wikipedia: “di etimologia incerta (XIV secolo), probabilmente dal latino quotŭmus "di quale numero"”
 
Il cottimo rappresenta la catena di montaggio e di conseguenza non può prevedere la consistenza del lavoro che farà, come il giocatore di bg non potrà prevedere l’esito del lancio dei dadi. In aggiunta è il giocatore stesso che giocando ossessivamente diventa cottimista innescando un circuito ipnotico – estatico di durata imprevedibile. Non capisco bene il senso di tutto ciò ma sono fiducioso nella comprensione postuma, sennò staminchia.
 
Il Cottimismo è il sale della vita!
 
Ho poi trovato sta parola: Hipopotomonstrosesquipedaliofobia, che è la paura delle parole lunghe e ha la stessa possibilità di essere cadenzata come Supercalifragilistichespiralidoso. Provate a cantarla. Le migliori registrazioni saranno trasmesse all’apertura del torneo di Montegrotto Terme.
 
Rimane un’ultima questio. Se Hipopotomonstrosesquipedaliofobia è la paura delle parole lunghe, uno che ne soffre, come fa a leggere il nome della sua fobia?
 
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